Del martirio politico. – Ogni fazione, ogni partito ha i suoi martiri. Ma tutti questi martiri sono colmi fino alla gola, intrisi di menzogne; essi muoiono colorando d’assoluto e d’eternità una cosa limitata e fugace; non si sacrificano che a degli idoli. Quale nullità nella loro testimonianza! Il solo modo valido di martirio politico sarebbe invece quello di morire nella coscienza della relatività e dell’impurità di tutte le cose del mondo, di morire, non per ciò che falsamente viene identificato col bene supremo, ma per ciò che lealmente si considera come un male minore, di morire senza illusioni sulla causa per la quale si muore.
Un martirio lucido: è possibile? Sì, a condizione che nella partita ci sia anche il vero Dio. Solo la presenza nel suo intimo del bene assoluto può dare all’uomo la forza di morire per il male minore conosciuto come tale e di realizzare l’unione, impossibile sul piano terrestre, della chiaroveggenza e del sacrificio. Al di fuori di questo, non c’è che la scelta tra lo scetticismo che crea i vili e la menzogna che crea gli pseudo-martiri.
(Gustave Thibon, L’uomo maschera di Dio, trad. it. SEI, Torino 1971, p. 40)