I mediocri dispregiatori del cristianesimo lo attaccano in quanto religione disumana. Ma i suoi grandi denigratori (uno Spinoza, un Nietzsche) disprezzano i suoi eccessi di umanità. Il cristianesimo assegna all’uomo un’importanza centrale, definitiva (i dogmi dell’Incarnazione, dell’immortalità dell’anima, ecc.); non permette di «mettere in discussione» l’uomo. Qui ha sede lo scoglio per gli spiriti più alti e il solo movente capace di allontanarli da Cristo: il loro profondo disprezzo per l’uomo li fa levare contro questo Dio così attento all’uomo al punto da invischiare la propria essenza nella palude umana. Quel che scandalizza i piccoli — coloro che si saziano di gioia nella banalità e nel peccato — è un Dio tanto duro per l’uomo; quel che scandalizza i grandi è un Dio così interessato all’uomo!
Eppure, da una parte e dall’altra, è uguale l’incomprensione dell’amore — dell’amore che castiga e dell’amore che discende. Non c’è uomo tanto puro ché l’amore divino non abbia bisogno di frantumarlo; ma non vi è neanche un uomo troppo miserabile da impedire all’amore divino di assediare e mendicare la sua anima. E in questo amore che ci dà la caccia fino all’inferno e che ci solleva fino al cielo sbiadisce il duplice scandalo del valore infinito dell’uomo e dalla sofferenza umana. Agli occhi di Dio nessun uomo si trova abbastanza in alto e nessun uomo si trova troppo in basso: qui risiede tutto il segreto dell’umanesimo cristiano…
(Gustave Thibon, Destin de l’homme, Desclée de Brouwer, Paris 1941, pp. 61-62; traduzione redazionale)